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Pasolini: Siamo tutti in pericolo [intervista di Furio Colombo] 1975

Siamo tutti in pericolo / intervista di Furio Colombo a Pier Paolo Pasolini –  L’Unità 1 novembre 1975
mercoledì 11 maggio 2005, di Redazione AntenatiPagina originale.
Questo che pubblichiamo è il testo dell’intervista di Furio Colombo a Pier Paolo Pasolini pubblicato sull’inserto“Tuttolibri” del quotidiano “La Stampa” l’8 novembre del 1975
Questa intervista ha avuto luogo sabato 1°
novembre, fra le 4 e le 6 del pomeriggio, poche ore prima che Pasolini venisse assassinato. Voglio precisare che iltitolo dell’incontro che appare in questa pagina è suo, non mio. Infatti alla fine della conversazione che spesso,come in passato, ci ha trovati con persuasioni e punti di vista diversi, gli ho chiesto se voleva dare un titolo allasua intervista. Ci ha pensato un po’, ha detto che non aveva importanza, ha cambiato discorso, poi qualcosa ci hariportati sull’argomento di fondo che appare continuamente nelle risposte che seguono. “Ecco il seme, il senso ditutto – ha detto – Tu non sai neanche chi adesso sta pensando di ucciderti. Metti questo titolo, se vuoi: “Perchésiamo tutti in pericolo””.
Pasolini, tu hai dato nei tuoi articoli e nei tuoi scritti, molte versioni di ciò che detesti. Hai aperto una lotta,da solo, contro tante cose, istituzioni, persuasioni, persone, poteri. Per rendere meno complicato ildiscorso io dirò “la situazione”, e tu sai che intendo parlare della scena contro cui, in generale ti batti. Orati faccio questa obiezione. La “situazione” con tutti i mali che tu dici, contiene tutto ciò che ti consente diessere Pasolini. Voglio dire: tuo è il merito e il talento. Ma gli strumenti? Gli strumenti sono della“situazione”. Editoria, cinema, organizzazione, persino gli oggetti. Mettiamo che il tuo sia un pensieromagico. Fai un gesto e tutto scompare. Tutto ciò che detesti. E tu? Tu non resteresti solo e senza mezzi?Intendo mezzi espressivi, intendo…
Sì, ho capito. Ma io non solo lo tento, quel pensiero magico, ma ci credo. Non in senso medianico. Ma perché soche battendo sempre sullo stesso chiodo può persino crollare una casa. In piccolo un buon esempio ce lo danno iradicali, quattro gatti che arrivano a smuovere la coscienza di un Paese (e tu sai che non sono sempre d’accordocon loro, ma proprio adesso sto per partire, per andare al loro congresso). In grande l’esempio ce lo dà la storia. Ilrifiuto è sempre stato un gesto essenziale. I santi, gli eremiti, ma anche gli intellettuali. I pochi che hanno fatto lastoria sono quelli che hanno detto di no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali. Il rifiuto per funzionare deveessere grande, non piccolo, totale, non su questo o quel punto, “assurdo” non di buon senso. Eichmann, caro mio,aveva una quantità di buon senso. Che cosa gli è mancato? Gli è mancato di dire no su, in cima, al principio,quando quel che faceva era solo ordinaria amministrazione, burocrazia. Magari avrà anche detto agli amici, a mequell’Himmler non mi piace mica tanto. Avrà mormorato, come si mormora nelle case editrici, nei giornali, nelsottogoverno e alla televisione. Oppure si sarà anche ribellato perché questo o quel treno si fermava, una volta algiorno per i bisogni e il pane e acqua dei deportati quando sarebbero state più funzionali o più economiche duefermate. Ma non ha mai inceppato la macchina. Allora i discorsi sono tre. Qual è, come tu dici, “la situazione”, eperché si dovrebbe fermarla o distruggerla. E in che modo. (…)
Che cos’è il potere, secondo te, dove è, dove sta, come lo stani?
Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Ma attento. Uno stesso sistemaeducativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stessecose e si comportano nello stesso modo. Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra diBorsa uso quella. Altrimenti una spranga. E quando uso una spranga faccio la mia violenza per ottenere ciò chevoglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto-virtù. Sonoassassino e sono buono.
Ti hanno accusato di non distinguere politicamente e ideologicamente, di avere perso il segno delladifferenza profonda che deve pur esserci fra fascisti e non fascisti, per esempio fra i giovani.
Per questo ti parlavo dell’orario ferroviario dell’anno prima. Hai mai visto quelle marionette che fanno tanto ridereibambini perché hanno il corpo voltato da una parte e la testa dalla parte opposta? Mi pare che Totò riuscisse in untrucco del genere. Ecco io vedo così la bella truppa di intellettuali, sociologi, esperti e giornalisti delle intenzioni piùnobili, le cose succedono qui e la testa guarda di là. Non dico che non c’è il fascismo. Dico: smettete di parlarmidel mare mentre siamo in montagna. Questo è un paesaggio diverso. Qui c’è la voglia di uccidere. E questa vogliaci lega come fratelli sinistri di un fallimento sinistro di un intero sistema sociale. Piacerebbe anche a me se tutto sirisolvesse nell’isolare la pecora nera. Le vedo anch’io le pecore nere. Ne vedo tante. Le vedo tutte. Ecco il guaio, ho già detto a Moravia: con la vita che faccio io pago un prezzo… È come uno che scende all’inferno. Ma quandotorno – se torno – ho visto altre cose, più cose. Non dico che dovete credermi. Dico che dovete sempre cambiarediscorso per non affrontare la verità.
E qual è la verità?
Mi dispiace avere usato questa parola. Volevo dire “evidenza”. Fammi rimettere le cose in ordine. Prima tragedia:una educazione comune, obbligatoria e sbagliata che ci spinge tutti dentro l’arena dell’avere tutto a tutti i costi. Inquesta arena siamo spinti come una strana e cupa armata in cui qualcuno ha i cannoni e qualcuno ha lespranghe. Allora una prima divisione, classica, è “stare con i deboli”. Ma io dico che, in un certo senso tutti sono ideboli, perché tutti sono vittime. E tutti sono i colpevoli, perché tutti sono pronti al gioco del massacro. Pur diavere. L’educazione ricevuta è stata: avere, possedere, distruggere.
Allora fammi tornare alla domanda iniziale. Tu, magicamente abolisci tutto. Ma tu vivi di libri, e hai bisognodi intelligenze che leggono. Dunque, consumatori educati del prodotto intellettuale. Tu fai del cinema e haibisogno non solo di grandi platee disponibili (infatti hai in genere molto successo popolare, cioè sei“consumato” avidamente dal tuo pubblico) ma anche di una grande macchina tecnica, organizzativa,industriale, che sta in mezzo. Se togli tutto questo, con una specie di magico monachesimo di tipo paleo-cattolico e neo- cinese, che cosa ti resta?
 A me resta tutto, cioè me stesso, essere vivo, essere al mondo, vedere, lavorare, capire. Ci sono cento modi diraccontare le storie, di ascoltare le lingue, di riprodurre i dialetti, di fare il teatro dei burattini. Agli altri resta molto dipiù. Possono tenermi testa, colti come me o ignoranti come me. Il mondo diventa grande, tutto diventa nostro enon dobbiamo usare né la Borsa, né il consiglio di amministrazione, né la spranga, per depredarci. Vedi, nelmondo che molti di noi sognavano (ripeto: leggere l’orario ferroviario dell’anno prima, ma in questo caso diciamopure di tanti anni prima) c’era il padrone turpe con il cilindro e i dollari che gli colavano dalle tasche e la vedovaemaciata che chiedeva giustizia con i suoi pargoli. Il bel mondo di Brecht, insomma.
Come dire che hai nostalgia di quel mondo.
No! Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quelpadrone. Poiché erano esclusi da tutto nessuno li aveva colonizzati. Io ho paura di questi negri in rivolta, uguali alpadrone, altrettanti predoni, che vogliono tutto a qualunque costo. Questa cupa ostinazione alla violenza totalenon lascia più vedere “di che segno sei”. Chiunque sia portato in fin di vita all’ospedale ha più interesse – se haancora un soffio di vita – in quel che gli diranno i dottori sulla sua possibilità di vivere che in quel che gli diranno ipoliziotti sulla meccanica del delitto. Bada bene che io non facio né un processo alle intenzioni né mi interessaormai la catena causa effetto, prima loro, prima lui, o chi è il capo-colpevole. Mi sembra che abbiamo definitoquella che tu chiami la “situazione”. È come quando in una città piove e si sono ingorgati i tombini. l’acqua sale, èun’acqua innocente, acqua piovana, non ha né la furia del mare né la cattiveria delle correnti di un fiume. Però,per una ragione qualsiasi non scende ma sale. È la stessa acqua piovana di tante poesiole infantili e dellemusichette del “cantando sotto la pioggia”. Ma sale e ti annega. Se siamo a questo punto io dico: non perdiamotutto il tempo a mettere una etichetta qui e una là. Vediamo dove si sgorga questa maledetta vasca, prima cherestiamo tutti annegati.
E tu, per questo, vorresti tutti pastorelli senza scuola dell’obbligo, ignoranti e felici.
Detta così sarebbe una stupidaggine. Ma la cosiddetta scuola dell’obbligo fabbrica per forza gladiatori disperati. Lamassa si fa più grande, come la disperazione, come la rabbia. Mettiamo che io abbia lanciato una boutade(eppure non credo) Ditemi voi una altra cosa. S’intende che rimpiango la rivoluzione pura e diretta della genteoppressa che ha il solo scopo di fari libera e padrona di se stessa. S’intende che mi immagino che possa ancoravenire un momento così nella storia italiana e in quella del mondo. Il meglio di quello che penso potrà ancheispirarmi una delle mie prossime poesie. Ma non quello che so e quello che vedo. Voglio dire fuori dai denti: ioscendo all’inferno e so cose che non disturbano la pace di altri. Ma state attenti. L’inferno sta salendo da voi. Èvero che sogna la sua uniforme e la sua giustificazione (qualche volta). Ma è anche vero che la sua voglia, il suobisogno di dare la sprangata, di aggredire, di uccidere, è forte ed è generale. Non resterà per tanto tempol’esperienza privata e rischiosa di chi ha, come dire, toccato “la vita violenta”. Non vi illudete. E voi siete, con lascuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di questo ordine orrendobasato sull’idea di possedere e sull’idea di distruggere. Beati voi che siete tutti contenti quando potete mettere suun delitto la sua bella etichetta. A me questa sembra un’altra, delle tante operazioni della cultura di massa. Nonpotendo impedire che accadano certe cose, si trova pace fabbricando scaffali.
 Ma abolire deve per forza dire creare, se non sei un distruttore anche tu. I libri per esempio, che finefanno? Non voglio fare la parte di chi si angoscia più per la cultura che per la gente. Ma questa gentesalvata, nella tua visione di un mondo diverso, non può essere più primitiva (questa è un’accusa frequenteche ti viene rivolta) e se non vogliamo usare la repressione “più avanzata”…
Che mi fa rabbrividire.
Se non vogliamo usare frasi fatte, una indicazione ci deve pur essere. Per esempio, nella fantascienza,come nel nazismo, si bruciano sempre i libri come gesto iniziale di sterminio. Chiuse le scuole, chiusa latelevisione, come animi il tuo presepio?
Credo di essermi già spiegato con Moravia. Chiudere, nel mio linguaggio, vuol dire cambiare. Cambiare però inmodo tanto drastico e disperato quanto drastica e disperata è la situazione. Quello che impedisce un vero dibattitocon Moravia ma soprattutto con Firpo, per esempio, è che sembriamo persone che non vedono la stessa scena,che non conoscono la stessa gente, che non ascoltavano le stesse voci. Per voi una cosa accade quando ècronaca, bella, fatta, impaginata, tagliata e intitolata. Ma cosa c’è sotto? Qui manca il chirurgo che ha il coraggio diesaminare il tessuto e di dire: signori, questo è cancro, non è un fatterello benigno. Cos’è il cancro? È una cosache cambia tutte le cellule, che le fa crescere tutte in modo pazzesco, fuori da qualsiasi logica precedente. È unnostalgico il malato che sogna la salute che aveva prima, anche se prima era uno stupido e un disgraziato? Primadel cancro, dico. Ecco prima di tutto bisognerà fare non solo quale sforzo per avere la stessa immagine. Io ascoltoi politici con le loro formulette, tutti i politici e divento pazzo. Non sanno di che Paese stanno parlando, sonolontani come la Luna. E i letterati. E i sociologi. E gli esperti di tutti i generi.
Perché pensi che per te certe cose siano talmente più chiare?
Non vorrei parlare più di me,forse ho detto fin troppo. Lo sanno tutti che io le mie esperienze le pago di persona.Ma ci sono anche i miei libri e i miei film. Forse sono io che sbaglio. Ma io continuo a dire che siamo tutti inpericolo.
Pasolini, se tu vedi la vita così – non so se accetti questa domanda – come pensi di evitare il pericolo e ilrischio?
È diventato tardi, Pasolini non ha acceso la luce e diventa difficile prendere appunti. Rivediamo insieme i miei. Poilui mi chiede di lasciargli le domande. “Ci sono punti che mi sembrano un po’ troppo assoluti. Fammi pensare,fammeli rivedere. E poi dammi il tempo di trovare una conclusione. Ho una cosa in mente per rispondere alla tuadomanda. Per me è più facile scrivere che parlare. Ti lascio le note che aggiungo per domani mattina”. Il giornodopo, domenica, il corpo senza vita di Pier Paolo Pasolini era all’obitorio della polizia di RomaFonte:Archivio L’Unità,Materiali resistenti
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